Maya: il linguaggio della bellezza. A Verona 8 ottobre 2016 – 5 marzo 2017


MAYAMaya - Il linguaggio della bellezza. B&B a Verona, Casa Batiuska

Palazzo della Gran Guardia, Verona
8 ottobre 2016 – 5 marzo 2017

 

 

IL CORPO COME TELA

Gli interventi sul corpo umano, al fine di modificare l’aspetto fisico per ragioni estetiche, rappresentano un elemento comune a tutte le società, attuali e del passato.

Nel mondo mesoamericano in generale e, nello specifico, in quello maya, nel quale la bellezza aveva un ruolo importante, la popolazione era solita realizzare quotidianamente acconciature per capelli e pitture su viso e corpo, riservandone invece di specifiche e particolari in occasione delle festività.

Alcune di queste pratiche, come le cicatrici e i tatuaggi, hanno cambiato per tutta la vita l’aspetto delle persone che li avevano, ed erano infatti considerati espressioni visibili di identità culturale e di appartenenza sociale.

Tra le modifiche permanenti hanno acquisito particolare importanza la scarificazione del viso, la decorazione dei denti e la modifica artificiale della forma della testa, lo strabismo intenzionale e la foratura per poter portare ornamenti applicati su orecchie, naso e labbra.

 

IL CORPO RIVESTITO

L’abbigliamento rappresenta un vero e proprio linguaggio, con un suo vocabolario ed una sua grammatica, e, benché sembri manifestarsi nell’effimero e nel superficiale, va invece a toccare elementi essenziali e basilari. Attraverso l’abbigliamento, infatti, esprimiamo molti aspetti della nostra personalità, come la nostra cultura, la condizione sociale, la professione, la provenienza e addirittura lo stato d’animo.

Così, dunque, per i Maya l’abito è indicativo dello status sociale dell’individuo.  La maggior parte della popolazione impegnata in lavori agricoli presenta un abbigliamento semplice: le donne con la tradizionale blusa chiamata “huipil” e la gonna o la tunica, mentre gli uomini con un perizoma legato intorno alla vita, e talvolta un lungo mantello sulle spalle.

La classe nobile indossava costumi elaborati con accessori come cinture, collane, copricapo e pettorali tempestati di pietre preziose e piumaggi. I tessuti, ricchi di colori, erano tinti con indaco, cocciniglia o porpora, ed erano lavorate con tecniche molto complesse, come il broccato, ad esempio, e spesso presentavano integrazioni di piume.

 

LA CONTROPARTE ANIMALE

Gli animali hanno sempre avuto un posto privilegiato nel simbolismo religioso di diverse culture, perché dotati di una forza vitale e fisica superiori a quelle degli esseri umani: hanno artigli e una vista acuta, possono volare e sopravvivere sotto acqua. Sono simboli e incarnazioni di energie divine che entrano in contatto con gli uomini.

Molti esseri provenienti dal mondo degli animali erano considerati sacri dai Maya. Gli animali erano simboli di forze naturali e livelli cosmici, epifanie di energie divine, demiurghi tra gli dei e l’uomo, protettori di stirpi e alter ego degli esseri umani.

Nella visione del mondo Maya tutti gli esseri viventi, gli animali e le piante, hanno una controparte soprannaturale, e quindi sacra. In particolare, si credeva che i governanti potessero rafforzare il loro potere ricorrendo a certe forze soprannaturali che permettessero alle loro “wayo’ob” -ovvero le loro anime- di lasciare il corpo durante la notte, e di spostarsi in modo indipendente trasformandosi in creature fantastiche dall’aspetto animale.

 

I CORPI DELLE DIVINITA’

I Maya adoravano molte divinità ed entità sacre di diversa natura, che potevano incarnare i poteri più grandi o essere custodi di piccole piante, di piccoli corsi d’acqua o delle montagne. Le loro rappresentazioni includono caratteristiche umane ed animali, piante e altri elementi immaginari. A questi dèi ed esseri sacri è stata attribuita l’origine di quei terrificanti fenomeni naturali di cui avevano paura e dell’espressione materiale e spirituale di tutto ciò che esiste.

Il pantheon Maya è enormemente complicato, perché ne fanno parte divinità con caratteristiche contrapposte: allo stesso tempo maschili e femminili, giovani e vecchie, animali e umane, creative e distruttive, come la natura stessa a cui si ispirano. Possono anche essere divinità composite, frutto della sovrapposizione di diverse divinità, che ora siamo in grado di riconoscere grazie alle belle rappresentazioni plastiche che ci sono giunte dagli antichi Maya.

 

Sito Web della mostra

Mappa: Palazzo della Gran Guardia, Piazza Brà, 1